Sentenza n. 8 del 1975
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SENTENZA N. 8

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1310, primo comma, del codice civile, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 13 ottobre 1971 dalla Corte dei conti - sezioni riunite in sede giurisdizionale - nel procedimento di responsabilità a carico di Palma Giacinto ed altro, iscritta al n. 145 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 141 del 31 maggio 1972;

2) ordinanza emessa il 31 marzo 1972 dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale - nel procedimento di responsabilità a carico di Forti Aldo ed altri, iscritta al n. 386 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21 del 24 gennaio 1973;

3) ordinanza emessa il 5 dicembre 1972 dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile vertente tra l'Associazione ciclistica pratese e Leone Francesco, iscritta al n. 146 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 169 del 4 luglio 1973;

4) ordinanza emessa il 10 maggio 1973 dalla Corte dei conti - sezione II giurisdizionale - nel procedimento di responsabilità a carico di Ricciardi Piero ed altri, iscritta al n. 357 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 276 del 24 ottobre 1973.

Visti gli atti di costituzione di Palma Giacinto, dell'Associazione ciclistica pratese, di Leone Francesco e di Valente Gaetano;

udito nell'udienza pubblica del 20 novembre 1974 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

uditi l'avv. Alessio Festa, per Palma Giacinto, e l'avv. Carmelo Carbone, per Valente Gaetano.

Ritenuto in fatto

1. - La Corte dei conti, con tre ordinanze del 13 ottobre 1971 (delle sezioni riunite), del 21 marzo 1972 (della sezione) e del 10 maggio 1973 (della II sezione) emesse rispettivamente nei procedimenti di responsabilità amministrativa a carico di Giacinto Palma ed altri, di Aldo Forti ed altri e di Piero e Sara Ricciardi ed altri, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1310, comma primo, del codice civile "nella parte in cui dispone che l'interruzione della prescrizione nei confronti di un condebitore abbia effetto anche nei confronti di altri debitori solidali", in riferimento agli artt. 3, comma primo e 24, commina secondo della Costituzione.

Ritenuto che in forza della norma denunciata l'effetto interruttivo della prescrizione si estende ai condebitori solidali (a cui l'atto relativo non sia stato notificato) "pur se questi ultimi non abbiano conoscenza della pretesa creditoria nei loro confronti e, quindi, del fatto interruttivo della prescrizione", la Corte dei conti si é dichiarata dell'avviso che con la detta norma sarebbe violato l'art. 3, comma primo, della Costituzione: "colui che può essere convenuto in giudizio come condebitore solidale per l'accertamento del rapporto di solidarietà e del debito, anche dopo il decorso del termine della prescrizione, viene a trovarsi", infatti, "in posizione di disuguaglianza e di sfavore rispetto a colui che può essere convenuto in giudizio come debitore unico" "poiché questi, se convenuto in giudizio dopo il decorso del termine prescrizionale, può, a differenza del primo, efficacemente opporre la prescrizione paralizzando così l'azione del creditore".

La norma, secondo la Corte dei conti, "appare anche in contrasto col principio dell'inviolabilità del diritto alla difesa in ogni stato e grado del procedimento". A tal riguardo si assume che con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione si sarebbe voluto che la difesa del convenuto in giudizio fosse assicurata non solo in relazione alla fase processuale ma anche in relazione a quella "preprocessuale" o "antecedente"; ed in relazione a ciò, si sostiene che "il soggetto convenuto in giudizio dopo il decorso del periodo di tempo, che sarebbe stato utile a far maturare la prescrizione nei suoi confronti, se egli fosse stato debitore unico, può trovarsi nella condizione di dover predisporre la propria difesa con notevole ritardo rispetto ai coobbligati già convenuti", e "col pericolo che sia venuta meno la possibilità di predisporre gli elementi di prova dell'eventuale inconsistenza del rapporto da cui trae titolo l'obbligazione dedotta in giudizio o, comunque, ogni altro mezzo di difesa", e quindi può trovarsi "in una situazione processuale seriamente compromessa da tale ritardo".

L'art. 24 della Costituzione, si aggiunge dalla Corte dei conti, risulterebbe comunque violato, anche se si dovesse ritenere che detto precetto costituzionale si riferisce esclusivamente alle norme attinenti alla difesa processuale, perché non può disconoscersi che il 1310, comma primo, abbia carattere sostanziale, ma che, "privando il debitore solidale, non tempestivamente intimato, del potere di eccepire la prescrizione e quindi di annullare l'azione del creditore, comporti una grave menomazione del diritto di difesa".

In conclusione, siccome statuito da questa Corte con la sentenza n. 48 del 1968, non può ritenersi che un "soggetto debba risentire gli effetti giuridici di un atto compiuto nei confronti di altro soggetto, anche se coobbligato, senza essere venuto a conoscenza dell'atto stesso".

Ed infine, in contrario, non può valere quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 118 del 1969, non si può, cioé, ritenere che "con l'interruzione della prescrizione avvenuta nei confronti di un soggetto, il rapporto sostanziale permane, perché l'obbligazione acquista solo "un nuovo termine di durata" anche nei confronti dei coobbligati, onde non é leso il diritto di difesa di questi ultimi; e ciò perché "tale argomentazione, invero, appare valida solo per il caso in cui il rapporto di solidarietà non necessiti esso stesso di un accertamento giudiziale, e non anche per il caso in cui un soggetto venga chiamato in giudizio, dopo il decorso del normale termine di prescrizione, per accertare sia la sussistenza di un rapporto di obbligazione rispetto al soggetto creditore, sia un conseguente rapporto di obbligazione con altro soggetto, convenuto in giudizio anteriormente alla scadenza del termine di prescrizione".

2. - Nel procedimento di cui all'ordinanza delle sezioni riunite della Corte dei conti, si é costituito davanti a questa Corte Giacinto Palma, a mezzo dell'avv. Salvatore Asole, il quale ha aderito in toto alle considerazioni e conclusioni del giudice a quo. Ha, inoltre, osservato che nel caso in cui il cittadino, anche se condebitore solidale, venga convenuto in giudizio al di là del termine di prescrizione del diritto dell'attore, nei suoi confronti debbono effettuarsi ulteriori accertamenti perché sia stabilita la fondatezza della sua responsabilità e della sua solidalità, ed il convenuto viene a trovarsi ingiustamente nell'impossibilità di avvalersi della prescrizione benché ormai decorsa nei suoi confronti; e che, in tal modo, l'articolo 1310, là dove estende all'infinito la possibilità di chiamare in giudizio il preteso coobbligato anche quando sia maturato nei suoi confronti il termine prescrizionale, annulla l'istituto della prescrizione, che, inteso a realizzare la certezza del diritto nell'ambito dei rapporti giuridici, é istituto di carattere generale e come tale, operante erga omnes e non derogabile in quanto insieme di norme di diritto pubblico e sociale, in conformità del tassativo disposto dell'art. 2936 del codice civile.

Ha rilevato, infine, che, consentendosi al creditore di agire senza alcun limite di tempo contro il condebitore solidale, nei confronti di questo la difesa é sostanzialmente preclusa e comunque menomata dato che "non gli é più possibile di provvedere idoneamente e concretamente, a causa della dispersione, distruzione di atti e documenti ed eliminazione anche mnemonica degli elementi di fatto, difensivi e di prova (scritta o testimoniale) operanti in suo favore, causata dall'eccessivo lasso di tempo intercorso (già prima della contestazione litis) dalla data in cui si verificavano i fatti giuridici generatori della pretesa giudiziale".

3. - Nel procedimento di cui alla terza ordinanza della Corte dei conti si é costituito davanti a questa Corte Gaetano Valente, a mezzo dell'avv. Carmelo Carbone.

Il Valente, riportandosi alle difese svolte davanti al giudice a quo ha chiesto, per l'ipotesi (subordinatamente prospettata) di applicabilità alla specie dell'art. 1310, comma primo, del codice civile, che la questione di legittimità costituzionale relativa a detta norma fosse dichiarata fondata.

4. - La stessa questione sollevata dalla Corte dei conti é stata prospettata d'ufficio dalla Corte d'appello di Firenze con ordinanza del 5 dicembre 1972 emessa nei procedimenti civili riuniti promossi da Francesco Leone contro Nicola Sternini e contro l'Associazione ciclistica pratese, a sensi e per gli effetti di cui agli artt. 2054 e 2049 del codice civile.

Ad avviso della Corte d'appello di Firenze, gli artt. 3, comma primo e 24, comma secondo, della Costituzione esigono che "tra più responsabili per un medesimo fatto ciascuno di tali responsabili sia posto in grado di svolgere le proprie difese, in condizioni di parità di trattamento e in particolare senza che un pregiudizio possa sorgere a carico di taluno a motivo della incolpevole sua ignoranza di determinati fatti o atti, i quali abbiano decisiva importanza per la tutela dei propri diritti". Ed invece l'art. 1310, comma primo, del codice civile consente al creditore di conseguire l'imprescrittibilità (o di determinare a suo piacimento la durata del termine prescrizionale) dell'azione verso il debitore estraneo agli atti interruttivi, e al coobbligato che si trovi in codesta situazione rende più difficile procurarsi adeguate prove.

Tali conseguenze, poi, risultano ancora più gravi "nella ipotesi in cui, come nella fattispecie, la solidarietà non deriva da un titolo di natura convenzionale, e come tale necessariamente conosciuto dai singoli obbligati, ma da un fatto illecito la cui esistenza ben può essere incolpevolmente ignorata dal responsabile indiretto divenuto obbligato sulla base di una presunzione legale di colpa".

5. - Nel procedimento così promosso si sono costituiti davanti a questa Corte Francesco Leone e l'Associazione ciclistica pratese.

Il Leone, a mezzo dell'avv. Bruto Merlino, ha eccepito l'inammissibilità, per difetto di rilevanza, della questione e ne ha chiesto, nel merito, la declaratoria di non fondatezza.

La questione sarebbe priva di rilevanza perché sull'inesistenza della prescrizione invocata dall'Associazione si sarebbe formato il giudicato a seguito della mancata tempestiva impugnazione di una sentenza non definitiva (del 9 marzo 1970) che aveva deciso in merito e d'altronde, l'appello avverso la detta sentenza avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile perché l'appellante non aveva prodotto la copia della sentenza stessa, e perché, comunque, la Corte d'appello di Firenze aveva omesso di esaminare la causa, sul punto della prescrizione, in relazione all'art. 2953 del codice civile.

E la questione non sarebbe fondata, perché il vincolo che lega tra loro i vari debitori, in materia di responsabilità contrattuale o extracontrattuale, non consente di concepire le loro singole posizioni in modo isolato e indipendente l'una dall'altra, ed in particolare, in caso di fatto illecito, quel vincolo nasce da rapporti che collegano in tal modo l'un debitore all'altro da non consentire che il creditore possa perseguire l'uno senza che ciò abbia il minimo effetto nei confronti dell'altro. Né, d'altra parte, in ordine al fatto illecito, sarebbe ipotizzabile l'incolpevole ignoranza del condebitore quale committente che pregiudicherebbe le sue possibilità di difesa, perché tale ignoranza, in generale, sarebbe inconcepibile e nella specie non ci sarebbe stata e comunque avrebbe integrato un difetto di organizzazione e quindi una colpa dell'Associazione.

Non si dovrebbe, infine, trascurare che, se l'interruzione della prescrizione rende possibile al creditore di esercitare l'azione anche a notevole distanza di tempo dal fatto illecito, ciò é conseguenza non della norma dell'art. 1310 ma di altre norme del codice civile (art. 2934 e ss.) che disciplinano la durata e l'interruzione della prescrizione.

L'Associazione ciclistica pratese, costituitasi a mezzo degli avv. Aldo Corazzini e Inigo Marani Toro, ha dedotto la non fondatezza dell'eccezione di inammissibilità della questione fatta valere dal Leone perché la ricordata sentenza non definitiva non é mai passata in giudicato ed agli atti del giudizio d'appello vi é stata una copia della sentenza impugnata, e comunque tali pretese ragioni di inammissibilità non sono state opposte nella debita sede; e perché, durante il corso del procedimento contro il Santini, si sarebbe maturata la prescrizione biennale in favore della concludente associazione (giusta l'interpretazione che dell'art. 2945, comma secondo del codice civile ha fatto la Cassazione, sez. II, con la sentenza n. 1873 del 1972).

Ed ha insistito, dopo aver precisato d'essere venuta a conoscenza del fatto illecito e del conseguente giudizio solo a distanza di sette anni dall'evento dannoso, perché la questione fosse dichiarata fondata.

6. - All'udienza del 20 novembre 1974 l'avv. Alessio Festa, per Giacinto Palma, ha svolto le ragioni a sostegno delle conclusioni sopra riportate ed ha insistito nelle relative richieste; e l'avv. Carmelo Carbone, per Gaetano Valente, riportandosi alla sentenza n. 48 del 1968 di questa Corte, ha chiesto che la questione fosse dichiarata fondata.

Considerato in diritto

1. - quattro procedimenti promossi con le ordinanze, indicate in epigrafe, della Corte dei conti e della Corte d'appello di Firenze vanno riuniti e definiti con unica sentenza, poiché hanno lo stesso oggetto: se sia, o meno, in contrasto con gli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, della Costituzione, l'art. 1310, comma primo, del codice civile nella parte in cui dispone che "gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido", "hanno effetto riguardo agli altri debitori", anche se questi ultimi non siano a conoscenza della pretesa creditoria e dei detti atti interruttivi.

2. - Relativamente al procedimento nascente dall'ordinanza della Corte d'appello di Firenze, Francesco Leone ha eccepito l'inammissibilità, per difetto di rilevanza, della questione.

L'eccezione, per altro non seguita da richiesta di declaratoria, non merita d'essere accolta. A sostegno di essa, infatti, sono portati argomenti basati su asseriti errores in judicando del giudice di merito, di cui a questa Corte non é consentito l'esame. E poi non si può non dare atto che in punto di rilevanza il giudice a quo ha motivato in modo specifico ed adeguato.

3. - La proposizione della questione é fondata, sia dalla Corte dei conti che dalla Corte d'appello di Firenze, sulla circostanza che, in materia di solidarietà passiva, l'atto con il quale il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori ha effetto riguardo agli altri debitori ancorché questi, e senza loro colpa, non siano a conoscenza della pretesa e dell'atto interruttivo. Ciò comporterebbe conseguenze immediate e mediate: in primo luogo, si avrebbe un (identico) effetto giuridico (interruzione della prescrizione) nonostante la differente ed opposta posizione dei destinatari di esso in ordine alla conoscenza della pretesa e dell'atto interruttivo; in secondo luogo, il condebitore solidale, a cui non fosse notificato l'atto interruttivo, si troverebbe, in rapporto alla prescrizione, in posizione di diseguaglianza e di sfavore rispetto al debitore unico o al condebitore solidale al quale, invece, l'atto interruttivo sia stato notificato, ed in particolare, a differenza di codesti soggetti, sarebbe privato della possibilità che l'estinzione del diritto del creditore nei suoi confronti si verifichi a seguito del decorso del periodo di tempo astrattamente previsto per il singolo tipo di obbligazione (e per es. del decennio o del biennio), e della conseguente possibilità di eccepire la prescrizione, scaduto che sia il termine finale di quel periodo; ed in terzo luogo, il detto condebitore solidale, che sia convenuto in giudizio a distanza di tempo dal verificarsi dell'evento dannoso, potrebbe trovarsi nella situazione di dover predisporre la propria difesa con notevole ritardo rispetto al condebitore, che sia stato in precedenza convenuto in giudizio, e con il pericolo di non essere più in grado di acquisire gli elementi di prova o comunque ogni altro mezzo di difesa.

La norma denunciata sarebbe, pertanto, in contrasto con gli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, della Costituzione, distintamente o congiuntamente considerati.

4. - Data la stretta connessione esistente tra i profili sotto i quali la questione é prospettata, in rapporto sia al principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge che a quello del diritto inviolabile alla difesa in ogni stato e grado del procedimento, é conveniente, procedendo all'esame della questione, mettere a raffronto la norma denunciata con il dettato costituzionale risultante dalle citate due disposizioni.

La regola giuridica enunciata nel primo comma dell'articolo 1310 del codice civile, nella disciplina dettata in generale per le obbligazioni solidali, sta a significare che se il creditore compie un atto di esercizio del proprio diritto nei confronti di un condebitore solidale ed in particolare intima o richiede per iscritto allo stesso di eseguire la prestazione dovuta ovvero propone la medesima domanda con l'atto introduttivo di un giudizio o nel corso di esso (per es. con la costituzione di parte civile nel processo penale), si producono gli effetti tipici essenziali di ciascun atto; ed inoltre ex lege cessa di essere utile ai fini della prescrizione del diritto il periodo di tempo, già decorso, durante il quale si era avuta l'inerzia de1 creditore e comincia un nuovo periodo di prescrizione a decorrere dalla data dell'atto interruttivo o, nelle ipotesi di cui ai primi due commi dell'art. 2943 del codice civile e per effetto del disposto del secondo comma dell'art. 2945 dello stesso codice, dalla data in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio. Si verifica accanto agli effetti giuridici essenziali propri di ciascun tipo di atti interruttivi, il detto effetto, avente portata conservativa, che incide direttamente sulla posizione del creditore nell'ambito dell'obbligazione solidale, sul diritto cioé del creditore ad una data prestazione nei confronti di tutti i condebitori solidali, e che si riflette automaticamente ed inevitabilmente (per necessità logica e in mancanza di una regola in senso contrario) sulla posizione di tutti i condebitori solidali e di ciascuno di essi; e tale effetto, data la sua natura, coinvolge l'intero rapporto obbligatorio.

Perché si produca codesto effetto conservativo non é richiesto, a differenza di quel che é dato di constatare a proposito degli altri effetti, che dell'atto che lo fa sorgere sia a conoscenza il destinatario. É significativo, a tal riguardo, ricordare che a proposito dell'intimazione o richiesta di cui all'art. 1219 del codice civile, giusta quanto previsto dall'art. 1308 in relazione all'art. 1310 dello stesso codice, si determina la costituzione in mora di tutti i condebitori solidali solo se a questi l'atto venga notificato o comunicato, ed il ripetuto effetto, invece, si produce nei confronti di tutti solo che l'atto sia portato a conoscenza di uno di essi; ed analoga constatazione potrebbe farsi per gli altri atti interruttivi. E tutto ciò ha una logica giustificazione per il fatto che gli effetti tipici essenziali, a differenza di quello conservativo, toccano direttamente ed immediatamente la sfera giuridica del (singolo) condebitore solidale.

Nella ipotesi in cui rientrano i casi all'esame dei giudici del merito, il condebitore solidale che non sia a conoscenza dell'atto interruttivo, in dipendenza dell'estensione nei suoi confronti del relativo effetto (conservativo) immediatamente non viene a perdere alcun diritto e comunque non viene ad essere inciso in una qualsiasi situazione giuridica soggettiva di cui sia titolare. E neppure dalla data della interruzione della prescrizione comincia a decorrere un termine che il detto soggetto debba osservare a pena di decadenza da un diritto o entro il quale del suo diritto debba compiere un atto di esercizio, e quindi non ricorre la condizione che in altre occasioni questa Corte ha considerato sufficiente perché, in materia di solidarietà tributaria, potesse riscontrarsi un contrasto con le disposizioni ed i principi costituzionali di raffronto (sentenze nn. 48 e 139 del 1968).

Non é, pertanto, ravvisabile la denunciata disparità ingiustificata di trattamento tra il condebitore solidale a cui non sia rivolto l'atto interruttivo ed il debitore unico o altro condebitore solidale che riceva l'atto. La situazione del debitore unico é diversa, in modo evidente, e quindi é del tutto corretto che la disciplina nei suoi confronti sia differenziata. Il principio di eguaglianza, poi, non risulta violato ove si mettano a - raffronto i detti condebitori solidali, perché l'essere o meno a conoscenza dell'atto interruttivo, ai fini della produzione del ripetuto effetto conservativo, é, per le ragioni sopra dette, ininfluente.

D'altra parte, la norma denunciata, sotto il profilo in esame, non va contro l'art. 24, comma secondo, perché l'effetto conservativo di cui si tratta é operativo sul terreno del diritto sostanziale e quindi si muove su un terreno non coperto dalla detta garanzia costituzionale.

5. - Dall'art. 1310, comma primo, del codice civile, potrebbe tutt'al più derivare che il condebitore solidale, che non sia a conoscenza dell'atto interruttivo della prescrizione validamente posto in essere nei confronti di altro condebitore solidale, e specie in casi limite (e cioé quando sia convenuto in giudizio a notevole distanza di tempo dal verificarsi dell'evento dannoso e dalla stessa chiamata in giudizio di altro condebitore solidale, e sempre nella incolpevole ignoranza oltre che degli atti interruttivi nel frattempo eventualmente posti in essere, anche della pretesa), non si trovi in grado di apprestare la difesa così come avrebbe potuto fare se fosse stato chiamato in giudizio insieme con l'altro condebitore solidale.

Ad integrare l'asserita (nelle ordinanze) ed (ora) rilevata diseguaglianza delle situazioni di codesti condebitori solidali, é da escludersi che possa valere il fatto che, decorso che sia in concreto il termine prescrizionale, il condebitore solidale che non abbia avuto conoscenza dell'atto interruttivo, non possa eccepire la prescrizione e quindi paralizzare la pretesa del creditore, perché a tale soggetto non é negata la detta eccezione e nonostante che sia scaduto il termine utile alla prescrizione, e perché invece a proposito di quell'effetto giuridico non é venuto ad esistenza il relativo fatto costitutivo (a causa dell'estensione al condebitore solidale che non ha ricevuto l'atto, dell'effetto interruttivo, e stante la non contrarietà della norma, sotto questo profilo, alle disposizioni costituzionali di raffronto).

Rimarrebbero quindi come indici e modi di diseguaglianza e di sfavore per il condebitore solidale di cui si tratta, il pericolo per questo di non potere più acquisire - o l'accrescimento per lo stesso delle difficoltà a procurarsi - gli elementi di prova e ogni mezzo di difesa.

Ma in ordine a tale disparità di trattamento é agevole rilevare che la garanzia costituzionale della difesa in giudizio assicurata dall'art. 24, comma secondo, della Costituzione si estrinseca nella possibilità data a tutti coloro che agiscano in giudizio per la tutela dei loro diritti ed interessi legittimi, di difendersi e d'essere difesi in ogni stato e grado del procedi mento; e che essa ovviamente - come si é già precisato - si riferisce alle situazioni giuridiche soggettive quali risultano dalle norme di diritto sostanziale.

Per ciò non può dirsi che vada contro il secondo comma dell'art. 24 la norma denunciata in quanto da essa si facciano discendere le rilevate situazioni di diseguaglianza e di sfavore: la difesa in giudizio non rimane annullata o limitata.

E neppure tale norma viola l'art. 3, comma primo, perché, non derivando l'impossibilità o una maggiore difficoltà a procurarsi adeguate prove necessariamente dall'essere il condebitore solidale, al quale venga esteso l'effetto interruttivo della prescrizione, convenuto in giudizio a distanza di molto tempo dalla citazione di altro condebitore, qualora ciò si verifichi si é in presenza di mere situazioni di fatto, del tutto episodiche ed accidentali. E queste, per ciò, non si prestano ad essere assunte come punto di riferimento per argomentare a proposito della norma da cui del tutto indirettamente possono discendere, una qualsiasi violazione del principio di eguaglianza. Anche se non é escluso che, nei casi più gravi, possa ipotizzarsi un pregiudizio non altrimenti evitabile che attraverso il comportamento del creditore (e per quanto di ragione, anche del condebitore interessato al regresso nei confronti degli altri condebitori) che dovrebbe svolgersi nel rispetto delle regole della correttezza o secondo buona fede e, qualora il creditore sia un pubblico ufficio, in modo da assicurare il buon andamento dell'amministrazione.

6. - Le ragioni addotte nelle ordinanze a sostegno della sollevata questione, non risultano fondate ove ci si riferisca, come fin qui si é fatto, alla solidarietà passiva intesa nella sua più ampia e generale accezione di vincolo in forza del quale, più essendo i debitori, il creditore può chiedere a ciascuno di essi l'intera prestazione e qualora questi adempia esattamente, gli altri condebitori sono liberati.

E non lo sono del pari anche nelle due ipotesi richiamate rispettivamente dalla Corte dei conti e dalla Corte d'appello di Firenze, e cioé quando "un soggetto venga chiamato in giudizio, dopo il decorso del normale termine di prescrizione, per accertare sia la sussistenza di un rapporto di obbligazione rispetto al soggetto creditore, sia un conseguente rapporto di obbligazione con altro soggetto, convenuto in giudizio anteriormente alla scadenza del termine di prescrizione" o quando la solidarietà deriva "da un fatto illecito la cui esistenza ben può essere incolpevolmente ignorata dal responsabile indiretto divenuto obbligato sulla base di una presunzione legale di colpa".

In codeste due ipotesi non ricorrono dati o elementi che consentano una peculiare configurazione del fenomeno, sempre che si faccia riferimento agli specifici e sopra ricordati profili di pretesa illegittimità costituzionale della norma denunciata.

E ciò perché a proposito della prima di dette ipotesi l'atto interruttivo incide con il suo effetto direttamente sulla sfera giuridica del creditore ed immediatamente - e per logica necessarietà - su quella dei condebitori solidali, e quindi il maturarsi in fatto del termine prescrizionale non ha giuridica rilevanza; e perché dal giudizio (tardivamente instaurato e) rivolto ad una pronuncia sulla pretesa e sul vincolo non derivano effetti costitutivi, ma dichiarativi o preclusivi. Nella seconda ipotesi, d'altro canto, potrebbe ravvisarsi in grado maggiore che in ogni altra, la possibilità che il condebitore solidale (ex art. 2049 del codice civile) ignori incolpevolmente l'esistenza del fatto illecito, ma la misura e le modalità di tale mancata conoscenza non hanno importanza ai fini della decisione, qualora si voglia - siccome si deve - tenere ben presente che l'insorgenza dell'obbligazione, a parte debitoris, non é condizionata dallo stato di conoscenza in cui questi si trovi relativamente al fatto costitutivo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1310, comma primo, del codice civile, nella parte in cui si dispone che gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido hanno effetto riguardo agli altri debitori anche se questi ultimi non siano a conoscenza della pretesa creditoria e dei detti atti interruttivi; questione sollevata, in riferimento agli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, della Costituzione con le ordinanze indicate in epigrafe della Corte dei conti e della Corte d'appello di Firenze.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido  ASTUTI - Michele ROSSANO.

 

Depositata in cancelleria il 16 gennaio 1975.